di Ennore
“Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”
George Orwell
I recenti tragici fatti di Parigi mi hanno ulteriormente spinto a cercare di capire cosa stia realmente accadendo nel mondo, in questa particolare fase storica..
In questo articolo, esternerò il mio pensiero per quanto riguardo la vicenda che contrappone il sedicente stato islamico che tutti conosciamo come I.S.I.S.(Stato Islamico dell’Iran e della Siria) e quello che definiamo “mondo occidentale”.
L’impresa non è facile, perché la questione che affronterò ha infinite sfaccettature e si presta a moltissime interpretazioni, anche le più fantasiose, ma che tali potrebbero non essere…
L’unica certezza è quella di trovarci di fronte ad un nemico feroce e vigliacco, che compie azioni atroci che non hanno alcuna giustificazione possibile.
Partiamo da alcuni dati:
la religione islamica, che può contare circa un miliardo e mezzo di fedeli in tutto il mondo, è suddivisa, principalmente, in due diverse confessioni, rappresentate dagli Sciiti (ca. il 15%) e dai Sunniti (ca. l’85%); questi ultimi, quindi, sono la gran maggioranza. La divisione, o scisma, risale all’epoca della morte di Maometto, quando i Musulmani, affrontarono la questione che riguardava la successione del Profeta, e non starò qui a fare la storia di quale sia stata l’evoluzione della diatriba fra le diverse scuole di pensiero. Sinteticamente, e in modo molto semplicistico, possiamo ritenere gli Sciiti più moderati, mentre i Sunniti sono molto più legati alla tradizione islamica e possiamo considerarli più radicali.
Quella a cui stiamo assistendo da anni a questa parte, è una disputa violenta fra queste due confessioni, che ha trasceso l’aspetto religioso, per arrivare ad essere una vera e propria guerra per la conquista del potere religioso, di quello politico e anche di quello finanziario; aspetto, quest’ultimo, non estraneo a qualunque contesa umana. Ma non possiamo ignorare che, alla base della guerra dichiarata da parte del mondo islamico all’occidente, esiste una profonda motivazione religiosa e di conquista, che affonda le sue radici fin dalla Battaglia di Lepanto, nel 1571.
Quella sconfitta, che noi occidentali avremmo ormai confinato nelle pagine della storia, resta invece una ferita aperta nell’orgoglio e nelle rinnovate e tanto propagandate mire espansionistiche dell’Islam. Maggiormente assetata di vendetta è la confessione di fede Sunnita la quale, attraverso molti dei suoi capi religiosi più fanatici, non ha mai nascosto di voler ricreare il Califfato e di volersi riappropriare di territori che ritiene storicamente le appartengano; la qual cosa è infondata in quanto l’Andalusia e altre terre europee che l’Isis reclama sono frutto di conquiste militari da parte dei Mori e non certo appartenenti all’Islam, e riconquistate dagli spagnoli attraverso sanguinose battaglie, condotte da eroi e personaggi più o meno leggendari, come il Cid, detto “Campeador”.
Fatta questa lunga premessa, arriviamo alla situazione attuale: ci troviamo ad affrontare un nemico determinato e che può contrapporre alla nostra civiltà, che esalta la vita come valore, una filosofia secondo la quale la morte di un musulmano, se avvenuta nell’atto o nel tentativo di uccidere anche un solo “infedele”, avrà per premio la vita eterna, in un paradiso dove, oltre a infiniti piaceri, potrà accoppiarsi con 72 vergini. In realtà, su questo aspetto del Paradiso coranico molti studiosi musulmani hanno interpretazioni diverse, anche negazioniste.
Ciò che conta, però, è quanto viene inculcato nelle menti dei fedeli più deboli o di quelli “arrabbiati”, magari per questioni sociali, dagli Imam più radicalizzati e politicizzati, e che predicano liberamente nelle moschee di tutto il mondo, e che, grazie alla nostra cultura democratica, possono predicare anche in quelle che sorgono sui nostri territori.
Quando il nostro nemico, dunque, non ha paura di morire o addirittura utilizza la propria morte per infliggere perdite all’avversario, mentre, al contrario, noi cerchiamo disperatamente di sopravvivere, la lotta diventa impari e richiede strategie che trascendono dalla sola forza delle armi tradizionali.
Quali potrebbero essere le armi alternative? Io non sono certo uno stratega, però ritengo che la soluzione più efficace sia intaccare decisamente la forza economica dell’Isis (è stato calcolato che i guadagni derivanti dalla sola vendita del petrolio estratto nelle terre conquistate ammonti a circa 1,5 milioni di dollari al giorno, ca. 450 milioni all’anno); si può giungere a un qualche risultato bloccando le transazioni che avvengono quotidianamente, attraverso banche compiacenti. A quel fiume di denaro, derivante dall’illecita vendita del petrolio, si deve aggiungere il ricavato derivante da rapimenti e dal saccheggio delle casse delle banche all’interno dei territori occupati dall’Isis. Contemporaneamente a queste misure di carattere economico, da adottare immediatamente, si devono migliore le operazioni di intelligence, che porterebbero a prevenire attacchi terroristici. Una ulteriore mossa, potrebbe essere quella di attuare una propaganda culturale, che possa contrastare con la forza della ragione, le idee radicali di certi Imam; ma quest’ultima via, oltre essere la più difficile e probabilmente la meno efficace, visti gli individui a cui sarebbe rivolta, richiederebbe troppo tempo, ed ormai è proprio il tempo il nostro implacabile e principale nemico, cosa che i governi occidentali hanno ottusamente sottovalutato.
A questo punto, mi chiedo chi siano i responsabili di questa gravissima sottovalutazione che potrebbe condurci ad una disfatta fatale. Mi sfilano davanti agli occhi le facce di tutti i rappresentanti dei governi occidentali che, in questi anni, hanno versato fiumi di parole cariche d’intenti senza che mai seguissero i fatti. Sento risuonare le parole dei soliti giustificazionisti, di quelli per i quali c’è sempre un “se” ed un “ma”, di quelli che non prendono mai posizione, ma che, in nome di un ormai insopportabile “politically correct”, vogliono abolire i nostri simboli, le nostre tradizioni, di quelli che pensano che vietando il Presepe o il Natale si possa placare la sete di sangue di queste belve feroci.
Non ultima, la responsabilità è anche di quei musulmani che si dichiarano moderati, e che mai dicono parole veramente moderate e di totale, incondizionata condanna, nei confronti degli atti terroristici di origine islamica, ma invece tendono sempre a trovare una motivazione che riporti alle colpe (anche vere) della nostra cultura, alle ingiustizie subite nel passato, e mai alle responsabilità dei loro paesi di provenienza.
Ma se vogliamo ripassare la storia degli ultimi decenni, a mio parere, gli Stati Uniti d’America sono fra i principali colpevoli di questa nostra debolezza, e lo sono in quanto maggiore potenza economica e militare del pianeta.
La politica estera messa in atto dai governi americani, compreso quello di Obama (Nobel per la pace, è bene ricordare questa assurdità), è stata così incredibilmente miope, deleteria e devastante, che mi viene il sospetto sia stata invece dettata da meri interessi nazionali, di ordine politico, economico e militare, non ultima la nuova strisciante “guerra fredda” con la Russia.
Facendo un rapidissimo ed incompleto riassunto delle “malefatte” statunitensi, potremmo cominciare con l’Iran, dove attraverso la collaborazione del Pakistan appoggiarono un colpo di stato a favore di Reza Palhavi, e poi il regime degli Ayatollah… cosa successe in seguito, è ormai storia nota.
In Afghanistan armarono i talebani per supportarli nella guerra contro l’Unione Sovietica, e non certo per soli scopi umanitari, ma spinti soprattutto da interessi petroliferi, legati al passaggio degli oleodotti, e da strategia militare, atta a sfiancare le risorse sovietiche. In seguito al loro intervento, gli Stati Uniti finirono poi, per trovarsi a dover combattere contro gli ex alleati, da loro stessi armati e sostenuti, e accusati dal governo americano di aver fiancheggiato gli ideatori dell’attentato alle Twin Towers.
In Siria è stata adottata la stessa strategia: prima armi agli insorti per abbattere il regime di Assad e, poi, a parte degli oppositori al regime, che danno vita al nostro nemico, l’Isis.
Gli americani inoltre, hanno da sempre intense relazioni economico-militari con stati arabi, come l’Arabia Saudita ed il Qatar, che sovvenzionano lo stesso terrorismo che dicono di combattere.
In Libia, le cose più o meno sono andate allo stesso modo di sempre, ma qui la responsabilità maggiore è da attribuirsi alla Francia, la quale con l’intervento militare intendeva non già abbattere una dittatura, ma mettere mano sui più grandi giacimenti petroliferi di tutta l’Africa, estromettendo l’Italia, primo partner economico della Libia.
E proprio la Francia, oggi così duramente colpita, dovrebbe meditare sui propri errori; su una politica che ha lasciato trasformare le banlieue in zone franche, dove l’autorità legittima ormai non ha più accesso e il fanatismo islamico trova terreno fertile per nuove reclute.
Ora qui entro nel campo delle mie illazioni personali o, meglio di ciò che penso possa essere uno dei motivi reconditi per cui le potenze occidentali, fino ad oggi, hanno fatto una guerra insufficiente, per non dire blanda, al fondamentalismo islamico.
Tralascio l’opzione dell’incapacità di lettura a lungo termine da parte dei governi occidentali, che presupporrebbe una certa stupidità, cosa che non voglio neanche pensare; quindi provo ad analizzare attraverso un’altra angolazione, quanto è successo in questi ultimi tempi.
Recentissimamente, in occasione del tragico abbattimento (così pare ormai dato per certo) dell’aereo di linea russo sulla penisola del Sinai, ci è stato raccontato che un satellite spia americano ha rilevato tracce di calore sul velivolo, da riferirsi probabilmente ad una esplosione a bordo. Con la memoria sono risalito alle centinaia di immagini, trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo, che riguardavano lunghissime colonne festanti di pick up bianchi, affollati di militanti dell’Isis e di relativi armamenti. La domanda mi è sorta spontanea: ma come, un satellite americano, guarda il caso, riesce ad inquadrare un aereo di linea sul Sinai proprio nel momento in cui esplode e, allora, perché nessun satellite ha mai intercettato queste colonne di terroristi che si spostano indisturbati per centinaia di chilometri? O ha mai inquadrato i campi in cui si addestrano, o gli accampamenti che allestiscono durante le soste? In modo da poter intervenire con bombardamenti, questi si, davvero mirati. Sappiamo bene quanto sia fitta la rete di satelliti spia che stazionano intorno alla Terra! Anche perché, a quelli americani, dobbiamo aggiungere quelli francesi e quelli inglesi, quelli cinesi e di chissà quante altre nazioni, compresa l’Italia (tralascio la Russia, che al momento sta conducendo una guerra in proprio e per questo è sotto accusa…ma non credo ancora per molto!).
Siamo certi che il desiderio di abbattere il governo di Assad sia solo dettato da spirito umanitario e democratico? E non invece abbia anche e soprattutto lo scopo di indebolire l’influenza russa in quell’area, così importante dal punto di vista economico e strategico?
La propaganda attraverso i media può aiutare molto e, a questo riguardo, ricordo che nei giorni in cui era ancora in mano ai suoi rapitori, Domenico Quirico, giornalista de “La Stampa”, tutti i media occidentali diffusero la notizia che il regime siriano aveva utilizzato gas nervini contro la sua stessa popolazione inerme, scatenando così reazione di sdegno in tutta l’opinione pubblica. Lo stesso giornalista torinese, però, nel suo istant book, raccontò che non era certo della provenienza governativa di quegli orribili ordigni, anzi, avanzò più di una perplessità, pur senza avere certezze, perché durante la sua prigionia aveva udito lui stesso, durante una conversazione su Skype, parlare i suoi rapitori di un piano per incolpare Assad dell’uso dei gas, in modo da incentivare l’intervento occidentale contro il regime. Comunque sia andata, gli USA e i suoi alleati non ebbero dubbi: la responsabilità era del governo siriano.
Questo fatto mi riporta alla mente le armi di distruzione di massa, date per certo in mano a Sadat, e che non furono mai trovate.
Sia chiaro, con questo non intendo schierarmi a favore di quei regimi totalitari che sono spesso anche sanguinari, ma che, di certo, purtroppo non sono gli unici su questo nostro travagliato pianeta.
A questo punto mi chiedo ancora: può questa rinata “rivalità” con la Russia – che parteggia apertamente per il regime di Assad, sostenendo che la sua caduta causerebbe un nuova caos libico – essere la sola causa di questa, fino ad ora, insufficiente reazione contro il califfato nero?
Secondo me, no! Allora perché si è fatto così poco e anche tardivamente contro la strategia del terrore? A chi potrebbe giovare, oltre all’Isis stessa, gettare nel panico le popolazioni del mondo occidentale?
A mio parere, fra le tante possibili ragioni, ce n’è una, molto sottile e alquanto pericolosa, per le implicazioni che ne deriveranno sul nostro vivere quotidiano negli anni a venire, e che spero fortemente sia frutto solo delle mie fantasie “complottiste”.
Proprio in questi momenti, Hollande sta parlando ai francesi davanti alle camere riunite, per la prima volta nella storia del dopoguerra. Sta dicendo che verranno prese misure speciali, che sarà modificata la costituzione, perché queste nuove misure siano rese immediatamente operative, che ci saranno inevitabili restrizioni alle libertà personali, che sarà per il bene dei francesi.
Negli Stati Uniti, ormai dal 2001, c’è una strisciante rincorsa alla restrizione delle libertà personali e c’è chi, in parlamento, ha promosso una legge sull’utilizzo dei droni come mezzi di sorveglianza su tutto il territorio statunitense.
In molti paesi si pensa di aumentare le intercettazioni telefoniche; e le telecamere di sorveglianza nelle città si stanno moltiplicando. Ripenso a certi film o romanzi distopici, in cui si ipotizza l’utilizzo di microchip installati sotto la pelle per controllare i cittadini. Qualcuno ha realmente già promosso questa iniziativa, con la giustificazione di un controllo di tipo sanitario, a solo favore del portatore di microchip; d’altronde questo software è già utilizzato per gli animali, anche quelli domestici.
Una popolazione impaurita, a chi potrebbe chiedere aiuto se non al proprio governo? E di fronte alla minaccia di atti terroristici, chi non rinuncerebbe a parte della libertà personale?
La crisi economica di questi anni, la paura del baratro finanziario, l’arma dello spread, non hanno forse avuto come conseguenza l’accettazione, da parte dei governi, di cessione di parte della sovranità nazionale e da parte dei cittadini di sacrifici economici, anche molto gravosi?
Le grandi multinazionali dell’industria farmaceutica, per vendere più medicine, hanno adottato strategie che hanno enormemente aumentato i loro profitti, e lo hanno fatto nel modo più semplice: creando nuovi malati. Facciamo un piccolo esempio: se negli anni passati il rischio colesterolo era fissato a 400, è bastato abbassare a 240 la soglia di rischio per trovare immediatamente milioni di nuovi malati. Questo è stato fatto anche per altre situazioni sanitarie. Meglio avere malati che morti: i malati consumano medicine. E allora perché non potrebbe essere stata adottata la stessa strategia? Cioè combattere blandamente il terrore e lasciarlo agire come un virus, quel tanto che basta per avere cittadini che chiedono la medicina, cioè la cura che solo lo stato può dare: la protezione a qualunque prezzo, anche a costo di essere controllati nel loro privato, anche quello più intimo.
Certo può sembrare un piano folle, ma siamo certi che l’avidità di chi tiene nelle sue mani i destini del mondo possa avere qualche freno? Controllare la vita dei cittadini, conoscerne i gusti, le abitudini, i loro desideri, gli spostamenti sul territorio (oggi la Francia ha chiesto un registro di tutti coloro che usano l’aereo per spostarsi) e la loro capacità d’acquisto, attraverso il controllo bancario, sarebbe un’arma formidabile nelle mani di chi gestisce il Potere, il Mercato e l’Economia in generale.
Già oggi esistono mezzi che consentono un certo controllo e lo sperimentiamo quotidianamente: sono i “cookies”. Sappiamo tutti ormai, che un attimo dopo aver fatto una qualsiasi ricerca su Internet verremo invasi da mail o banner pubblicitari, che riconducono alla materia della nostra ricerca. In questo stesso momento, si stanno studiando come realizzare pubblicità personalizzate; non sono lontani i giorni in cui, passando davanti ad uno scaffale del supermercato, una voce suadente ci chiamerà per nome, indirizzandoci verso il prodotto in promozione e che si sa essere di nostro gradimento.
Obama stesso, alla nascita del fenomeno Isis, ebbe a dichiarare che si doveva contenere il sedicente stato islamico, non parlava di distruggerlo, ma forse ora il giocattolo è scappato di mano e chissà se sarà possibile porvi rimedio.
Spero fortemente, come ho scritto in precedenza, di aver peccato di stupido complottismo. Lo spero per il bene dei miei figli e di tutti noi e, se così fosse, se cioè davvero esistesse la volontà ferrea di combattere e distruggere il terrorismo islamico, è il momento di non perdere più neanche un secondo. Si deve agire subito, con tutti i mezzi possibili, ma senza sacrificare quelli che sono gli ideali della nostra civiltà, primo fra tutti la nostra libertà.
Riporto qui sotto, un brano tratto da “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci. E’ stato scritto nel 2001, ma potrebbe essere datato 13 Novembre 2015
“…Una guerra che essi chiamano Jihad. Guerra Santa. Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio, forse, ma che certamente mira alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All’annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere un po’più intelligente cioè meno bigotto o addirittura non bigotto. E con quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra scienza, la nostra morale, i nostri valori, i nostri piaceri… “